Referendum ATAC: Attaccate(vi)AlBus

Da un bel po' di tempo il tam tam del 'firma per privatizzare ATAC' sta facendo il giro dei social (oltre che della città) incontrando pareri favorevoli e contrari e noi di AttaccatiAlBus, sebbene in vacanza, potevamo esimerci dal dire la nostra, ma avendo un po' di tempo prima della siesta sull'amaca, proviamo a fare il punto per capire meglio se conviene firmare o meno.



Di AttaccatiAlBus

Prima di leggere oltre, vi ricordiamo di tener presente in ogni momento il fatto che noi di AttaccatiAlBus siamo (e vogliamo rimanere) so-cial-troni, idem le nostre idee.


Iniziamo con il punto di vista sociale-istituzionale: un referendum è il momento migliore per fare esprimere tutti su un problema, meglio firmare e andare a votare per essere sicuri di aver detto la vostra che lasciare la patata in mano agli amministratori che, bravi o incapaci che siano, non potranno fare mai l'interesse di tutti (spesso non sono capaci nemmeno di fare quello della maggioranza, ma rischiando di uscire dal seminato e fare solo polemica chiudiamo subito la parentesi). Firmare permette a tutti i cittadini di esprimersi in prima persona.

Scendiamo adesso nel merito di chi si è già schierato per il no: i sindacati ATAC, quei gran simpaticoni che ogni giorno ci raccontano la favoletta del 'siamo da parte degli utenti' e che 2 giorni al mese ci lasciano a piedi con gli scioperi. Ebbene costoro ad oggi difendono i diritti dei lavoratori pubblici che mangiano indisturbati in cabina durante il servizio, stanno a telefono durante la guida, offendono e aggrediscono verbalmente gli utenti (etc.). 

Non ci risulta infatti che questi signori abbiano mai mosso un dito per cacciar via i nullafacenti e i cialtroni appena citati per difendere la categoria, evidentemente 'nella categoria' anche chi danneggia il buon nome della categoria stessa va opportunamente difeso: è un 'voto politico' e una quota di denaro (pecunia non olet) che fa sempre comodo. Osteggiare il referendum significa dunque tenerci lo schifo che c'è già. 


Analizziamo adesso la posizione di chi sta promuovendo il referendum e il sì: i radicali. Crocifissi dai pentastellati in partenza perchè facenti parte della maggioranza dell'amministrazione piddina precedente, si sono giustificati di non essere mai riusciti ad ottenere (quando erano in maggioranza) quello per cui stanno lottando, cioè la privatizzazione di ATAC e lo smembramento. Altro punto a loro sfavore è il cosa accadrà se vince il sì: TplScarl s.p.a. si è dimostrato incapace di dimostrare la validità della gestione privata. Passare tutto in mano al privato usando l'assistenzialismo dei contributi pubblici (il paradigma cioè del TPLScarl) rischia di gettare il servizio pubblico nel baratro: il privato infatti di fronte al contratto "mi dai un servizio, ti do i soldi" arraffa i soldi e scappa.

Senza linee guida di risanamento certe e certificate il sì potrebbe anche peggiorare le cose. E la certezza che si vada verso la linea del risanamento non c'è, visto che i radicali sono e restano una minoranza e dopo la vittoria del referendum i pentastellati potranno comumque decidere come pare a loro (visto che si sono palesemente schierati per il no o, come preferiamo dire noi per "l'uno vale zero").

Non possiamo dunque non parlare degli ultimi nella lista delle campane da sentire, i pentastellati, attuali vincitori del premio 'miglior gestione di ATAC di sempre nonchè miglior strategia nonabbiamolabacchettamagicaecomunquesevamalelacolpaèdichiceraprima'.

Al di là del 'no' al referendum, la strategia che l'amministrazione ha deciso di intraprendere per ATAC è quella di un'unica società multiservizi. Invece di tante piccole società da risanare o da tenere sotto la lente d'ingrandimento fino al risanamento delle stesse si passa ad un'enorme montagna ricca di angoli oscuri dove il sindacato dice 'sciopero' e Roma chiude i battenti. Più in generale, piuttosto che aspettare che l'attuale amministrazione faccia qualcosa di decisivo per invertire la rotta (per riuscire a tenere sotto controllo la patata ATAC sono scesi a compromessi con questi signori dei sindacati) forse è meglio pestare i piedi e far sentire la propria voce con un referendum e magari anche un bello schiaffo morale (degno di quello dato a dicembre all'allora Fonzie del piddì) che li risvegli da questa sorta di catalessi visionaria che fa loro ripetere che 'tutto funziona'.

Ci fermiamo qui: pensiamo di aver scritto abbastanza per aver catturato l'odio di tutti gli schieramenti politici e dei sindacati ATAC che, presto festeggeranno l'ennesimo sciopero.

Vi salutiamo dalla nostra amaca immaginandovi confusi e felici.



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