“Sono pronto per la prova più importante della giornata: il viaggio sulla metro…” così comincia una lettera di Mario Pulimanti che descrive la nostra triste realtà come noi, nella nostra miserrima condizione di tuitteri, non riusciamo a rendere – “ogni centimetro di carrozza stipato di corpi sudati, accartocciati, pigiati in un insieme compatto” – “Mi sembra che l’aria sia passata per i polmoni di ciascuno un centinaio di volte.” – Chiusura ad effetto con domanda retorica annessa: “Ma Marino, sindaco ciclista, lo sa?” – Forse, se leggesse le decine di imprecazioni da centoquaranta caratteri che gli arrivano ogni mattina… ma questa era una domanda retorica
Immagine “presa in prestito” da INFORMAZIONE LIBERA
Da: OstiaTV di Mario Pulimanti
“Sono pronto per la prova più importante della giornata: il viaggio sulla metro. Da Ostia a Roma. Tutto bene? Bene un corno, dannazione! Ho un fastidioso mal di testa. Che diamine! Vado a lavorare controvoglia. Gli altoparlanti annunciano che pure oggi il servizio è rallentato.
Come tutti i giorni, del resto.
Tempo quindici minuti e arriva un treno, ogni centimetro di carrozza stipato di corpi sudati, accartocciati, pigiati in un insieme compatto. Non provo neanche a salire, ma nel pandemonio di persone che sgomitano per aprirsi un varco l’una sull’altra, riesco a guadagnare la prima linea della piattaforma e resto in attesa del convoglio seguente.
Che arriva venti minuti dopo, ma pieno zeppo come il precedente.
Quando le porte si aprono e qualche passeggero dalla faccia paonazza si fa largo tra la folla in attesa, mi pigio dentro e respiro una boccata d’aria viziata, stagnante.
Mi sembra che l’aria sia passata per i polmoni di ciascuno un centinaio di volte.
Altra gente s’ammassa alle mie spalle e mi trovo spiaccicato tra un giovane arabo ed il vetro divisorio che ci separa dall’area dei posti a sedere. Normalmente avrei preferito mettermi con il naso pigiato contro il vetro, ma quando ci provo scopro una gran chiazza viscida, proprio ad altezza del mio viso, un accumulo di sudore e di unto lasciato dalla testa dei passeggeri che si sono strusciati contro la lastra trasparente, così non posso far altro che girarmi e fissare, occhi negli occhi il ragazzo che ho davanti.
Quando al terzo o quarto tentativo si chiudono le porte io e lui ci ritroviamo ancora più pigiati perché la gente accalcatasi sulla porta senza riuscire a entrare finisce con lo stiparsi dentro insieme a noi. Un compagno di sventura mi spinge.
Mi volto e lo fulmino con lo sguardo. Se dovessi svenire non cadrei in terra perché spazio per cadere proprio non c’è.
Arrivo a Piramide decisamente provato. E con un’ora di ritardo.
Ma il mio viaggio continua.
Debbo, infatti, arrivare fino a Termini con un’altra linea della metro: l’affollatissima B. Scendo di sotto con la scala mobile. Mi rendo conto, appena vedo la piattaforma, che difatti è affollata all’inverosimile. Più del solito. Deve esserci stato qualche guasto e probabilmente non arrivano treni da almeno un quarto d’ora.
Scendo dalla scala mobile. Arrivato a Termini, penso che mi farebbe bene bere un caffè. Che prendo subito prima di entrare in ufficio. E’ proprio vero: fare il pendolare stanca. Ve lo giuro! Inutile nasconderlo: la metro di Ostia è da terzo mondo
Ma Marino, sindaco ciclista, lo sa?
Cordiali saluti”.
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